Società

Teorie gender ed identità sessuale. Aspetti giuridici e canonistici. Il caso del matrimonio.

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di Giuseppe Di Micco

Ringrazio innanzitutto gli organizzatori della Conferenza che hanno avuto il lodevole obiettivo di trattare, nell’ambito del ciclo di incontri promossi dal settore JSCM Ofs-Gifra di Afragola, un tema al tempo stesso delicato e complesso, un tema attuale e di così ampio respiro che facilmente si presta ad essere fonte di possibili fraintendimenti.

Vorrei incentrare la mia relazione su singoli punti.

 

14720428_10207421778518147_2387732182618944119_nLegge e Natura: il diritto impresso nella natura delle cose: Nella nota tragedia “Antigone” del poeta e tragediografo greco Sofocle, Antigone si ribella al tiranno di Tebe Creonte, il quale ha ordinato che mentre uno dei due suoi fratelli sia sepolto nelle mura delle città, l’altro poiché ribellatosi al tiranno ed alle sue leggi, venga lasciato marcire con il suo corpo in pasto agli uccelli del cielo ed ai cani randagi. Antigone ricorda al tiranno che per quanto potere possa detenere, per nulla può trasgredire le leggi non scritte, i cd. nomoi agrafoi, che impresse dagli dei nella natura, non possono essere violate dalle leggi umane, anche se dettate da un tiranno.

conv2 Antigone è la voce delle «non scritte leggi degli dei» ossia di quei valori umani assoluti che nessuna legge positiva, nessun relativismo etico, nessun mutamento storico possono violare. In nome di quei princìpi, Antigone va al patibolo perché, disobbedendo alla legge umana, dà sepoltura al fratello Polinice caduto combattendo contro la propria città e la propria patria, Tebe, e punito anche da morto dal sovrano di Tebe, Creonte, che ordina di lasciarlo insepolto, a marcire e ad essere divorato dalle bestie. Per Antigone, quel decreto viola un valore umano – la pietas non solo familiare ma universalmente umana – più alto di ogni norma giuridica. “Tu hai osato trasgredire queste norme (tousde nomous). Si perché questo non l’ ha enunciato Zeus né Dike che abita con gli dei laggiù essi non stabilirono per gli uomini queste norme non avrei attribuito ai tuoi proclami kerygmata tanta forza che un mortale potesse violare le leggi( nomina) non scritte (agrapta), e sicure (asphale) degli dei, che non da oggi né da ieri ma da sempre, sono in vita e nessuno sa come abbiano avuto origine (ex hotou phane) Io non potevo per paura di un uomo arrogante pagare il debito di giustizia agli dei”.

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Aristotele nell’ Etica Nicomachea (1134 b) distingue un giusto politico da un giusto naturale. “Del giusto politico (politikon dikaion) una forma è naturale (physikon) un’altra legale (nomikon ). Naturale è quello che dovunque ha la medesima potenza è non dall’essere secondo una o un’altra opinione. Legale (nomikon) invece è ciò che all’inizio non fa nessuna differenza che sia in questo o quel modo, ma quando l’abbiamo posto ( hotan de zontai ) ad esempio pagare una mina per il riscatto o sacrificare una capra invece di due pecore”.

La legge positiva, ossia la legge dettata dal legislatore non può porsi in contrasto con la legge naturale, che appunto è insita nella natura, per S. Agostino e la successiva tradizione cristiana si tratterebbe di norme impresse nel cuore di ogni uomo quando viene al mondo. Quando la legge umana, ossia la legge posta dal legislatore, democratica o tirannica che sia, viola la legge naturale, essa diviene legge ingiusta che va contro l’uomo; è noto, infatti, il celebre detto dei Romani summum ius summa inuria, e S. Tommaso avrebbe parlato di corruptio legis. Esiste, dunque, una ragione oggettiva che è nella natura delle cose e che non può essere distorta neanche dalla legge.

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Dall’uguaglianza alla differenza sessuale: alla luce del presupposto che esistono norme impresse nella realtà delle cose, per comprendere quali sono le implicazioni giuridiche che il pensiero gender determina, bisogna considerare un altro aspetto che è importante che ci aiuta a capire la causa di certe conseguenze. Se il pensiero gender si presenta come negazione della differenza sessuata tra uomo e donna, è perché alla base vi è un altro equivoco: il movimento femminista, che, a sua volta non può esser compreso senza le sue radici marxiste. Secondo Marx, infatti, la contrapposizione tra borghesi e proletari nasce perché all’origine vi è una previa divisione che è quella tra uomo e donna all’interno della famiglia fondata sul matrimonio monogamico. In un saggio il suo allievo e collega F. Engels, rileggendo un passo del suo maestro del 1846 così afferma: “La monogamia … appare come soggiogamento di un sesso da parte dell’altro, come proclamazione di un conflitto tra i sessi sin qui sconosciuto in tutta la preistoria … “la prima divisione del lavoro è quella tra uomo e donna per la procreazione dei figli”. Ed oggi posso aggiungere: il primo contrasto di classe che compare nella storia coincide con lo sviluppo dell’antagonismo tra uomo e donna nel matrimonio monogamico, e la prima oppressione di classe coincide con quella del sesso femminile da parte di quello maschile”. Da ciò nasce l’esigenza di creare un movimento che si propone non solo di denunciare l’oppressione del ruolo femminile da parte di quello maschile, ma, altresì, di rivendicare i diritti della donna. Tuttavia, tale obiettivo, seppur giusto ed apprezzabile nei suoi presupposti, ha finito per degenerare nella deriva opposta. In un primo momento, il femminismo si propone di emancipare la condizione della donna, la donna voleva essere uguale all’uomo, rivendicare l’uguaglianza con questi ultimi nei diritti civili e politici. La discriminazione sessuale è percepita come ingiusta, perché viola l’uguaglianza naturale dei diritti, ragion per cui la differenza sessuale deve essere irrilevante nell’accesso alla sfera pubblica e nell’accesso al lavoro. Ben presto, però si sono evidenziati i limiti di un tale percorso, poiché l’avere un trattamento uguale poteva significare cadere nel pericolo dell’annullamento della differenza, con la perdita della specificità femminile. Ecco un primo equivoco. Da ciò si è sviluppato un ulteriore filone del movimento femminista che ha preteso l’esclusività dei diritti della donna proprio in virtù della differenza sessuale; alla richiesta di una pretesa uguaglianza con l’uomo si è caduti nell’eccesso opposto, paradossalmente l’insistenza sull’uguaglianza ha finito con l’annullarla aprendo la strada alla differenza sessuale. Dalla rivendicazione dell’uguaglianza si è giunti all’affermazione della differenza, di una parità diversa, un diritto alla differenza tra i sessi. Ne sono un esempio il diritto all’inviolabilità del corpo femminile, il diritto alla contraccezione ed alla sterilizzazione (che permetterebbe alla donna di vivere la sessualità scissa dalla procreazione), l’accesso alle tecniche di procreazione assistita, nonché i cd. diritti riproduttivi alternativi al concepimento naturale, la surrogazione della maternità attraverso l’impiantamento dell’utero nel corpo di un’altra donna, per arrivare fino alla rivendicazione di un diritto a riprodursi da sole a prescindere dall’eterosessualità (clonazione, autofecondazione). Le conseguenze sul piano giuridico sono evidenti: l’irrilevanza dell’unione sessuale per la riproduzione e la gestazione porta a considerare la sessualità come un diritto assoluto ed autodeterminato in una spinta all’egocentrismo.

 

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Dalla differenza all’indifferenza sessuale: le teorie gender. Ed è in questo contesto che nasce e si diffonde la teoria gender. Dopo il passaggio dall’uguaglianza alla differenza, si è giunti infine all’indifferenza sessuale. Il termine genere, dall’inglese gender, viene utilizzato da alcune femministe americane per affermare l’irrilevanza della differenza biologica tra uomo e donna ed affermare la prevalenza dell’identità psico-sociale. Si è uomini o donne non in base a come nasciamo, ma per come diveniamo sulla base di fattori psicologici, sociali e culturali. Una cosa è la differenza biologica uomo/donna, altra cosa è l’identità psico-sociale del genere maschile-femminile, che non è determinato dalla natura, bensì dalla cultura. Si nasce uomini o donne, ma si diventa maschi o femmine in base alle scelte psicologiche-individuali, alle abitudini sociali ed alle influenze culturali. Vi è, dunque, un’esaltazione del genere contrapposta alla sessualità. Possiamo sia essere donne e divenire donne, ma anche essere donne e divenire uomini e viceversa. L’essere umano diventa il risultato di modelli e dei ruoli sociali in cui è costretto, scindendolo dal significato ontologico della persona stessa. Le teorie gender vanno anche oltre, dal momento che per l’essere umano il sesso con cui nasciamo è irrilevante può accadere il caso in cui non c’è corrispondenza tra sesso biologico ed il genere psico-sociale; è il cosiddetto fenomeno del travestitismo, il caso in cui la corporeità fisico-anatomica non corrisponde alla percezione interiore ed alla assegnazione del ruolo sociale (maschio che si sente intrappolato nel corpo femminile e viceversa). Il genere non può e non deve essere costretto nel sesso o rispecchiarlo, ma deve essere libero di esprimersi in base all’istinto. La conseguenza è logica: l’eterosessualità, l’omosessualità, il transessualismo, sono posti tutti sullo stesso piano. Anzi, si legittima il pansessualismo, l’idea che i sessi non sono due ma molti, almeno cinque secondo il gender. Data l’idea dell’indifferenza dell’identità sessuale, che non è altro che l’effetto di quello che vogliamo, diventa indifferente anche l’orientamento sessuale, ossia il legarsi con chi ha un sesso diverso o lo stesso sesso. Per arrivare infine alla tesi estrema del gender dell’esistenza di individui asessuati, metà uomo e metà macchina, che non si riproducono ma si replicano, avulsi da qualsiasi differenza sessuale. E’ la totale artificializzazione della natura e della persona umana.

Le implicazioni delle teorie gender sul matrimonio e sulla famiglia: in questa prospettiva il matrimonio eterosessuale è ciò che soffoca l’identità sessuale di genere di una persona, non è altro che lo strumento che gerarchizza la prevalenza del sesso maschile, la fecondazione della donna nel rapporto matrimoniale da parte dell’uomo è un qualcosa che opprime la donna. Se la differenza sessuale è elemento discriminatorio tra i diversi generi, anche la famiglia fondata sul matrimonio è un qualcosa da superare e da cui bisogna liberarsi. Le gender theories considerano l’irrilevanza della differenza tra i sessi nella relazione interpersonale, nell’unione coniugale e paraconiugale, nella costituzione della famiglia. Ecco le conseguenze dell’indifferenza sessuale: se si può scegliere se essere maschi o femmine a prescindere dal sesso con cui si è nati, diventa altrettanto indifferente legarsi ad individui di sesso diverso o eguale, con la normalizzazione ed equiparazione delle unioni etero e omosessuali. La famiglia viene completamente ridefinita, diventando un luogo di affetti tra persone che prescindono dall’appartenenza sessuale, senza una ben chiara distinzione dei ruoli, senza una delimitazione di numero (ammettendosi unioni poligamiche e poliandriche), con o senza figli.  Riguardo, invece, al discorso dell’omosessualità, essa non coincide con il gender che c’entra poco o niente è una condizione personale di un soggetto che prova attrazione verso persone del medesimo sesso, che, tra l’altro, è sempre esistita, sebbene mai eretta a modello coniugale. Il gender, piuttosto, sfrutta la condizione soggettiva ed esistenziale dell’omosessuale per farlo sentire come un oppresso, ne strumentalizza la dignità, incitandolo a richiedere diritti nell’opinione pubblica. Gli omosessuali vengono strumentalizzati per i loro scopi ideologici, cioè per smantellare le relazioni sociali e minare al rovesciamento dell’istituto della famiglia. La prova è data da Dolce e Gabbana, che pur essendo omosessuale si è sempre opposto al pensiero gender, dimostrando che l’omosessualità è qualcosa di ben distinto da quest’ultima. Gli stessi movimenti gay e lesbiche non sono altro che dei movimenti ideologizzati del pensiero gender. Il celebre documentarista Dalaume-Myard intervistato una volta esordì: “sono omosessuale non gay: smettetela con questa confusione”. Ancora una volta è dimostrata l’aleatorietà del pensiero gender, se un orientamento vale l’altro, allora un Paese dovrà ammettere anche gli altri orientamenti senza sindacarne il contenuto. Se ogni scelta soggettiva deve essere ammessa e tutelata dallo Stato, quale sarà il criterio di giustizia? La convivenza dei cittadini sarà equa e civile?

Il gender non semplicemente si insinua nel diritto, ma si spinge sino a forzarlo, ad esasperarne la capacità estensiva. Il diritto in quest’ottica non è più lo strumento che regola i mutamenti sociali, ma un qualcosa che si pone al capriccio della volontà umana, legittimando qualsiasi cambiamento l’individuo richieda: quello che io voglio il diritto me lo deve garantire. L’uguaglianza non significa equivalenza, omologazione, perché è quest’ultima che finisce per essere fonte di discriminazione. Pensiamo al principio di uguaglianza sostanziale. E necessario, allora, che il diritto sia funzionale all’identità ed alla difesa della differenza sessuale.

L’identità sessuale nel diritto canonico: l’emblema del matrimonio e l’unione tra natura e cultura.

Anche nel diritto canonico, si è posta, non molto di recente, la problematica dell’identità sessuale e dell’identità di genere. Infatti, il diritto canonico sebbene ha un valore universale, e dunque estende la sua validità a tutti i soggetti battezzati nella Chiesa Cattolica, in qualunque parte del mondo essi si trovino, vive immerso nella cultura secolare e ne respira l’evoluzione dei tempi. Anzitutto, il diritto canonico esprime una concezione dell’identità della persona che tiene insieme natura e cultura, non separandole come fanno le teorie gender. Esso al contrario esprime una concezione del genere che parte dalla natura, e, dunque, dalla differenza sessuale tra uomo e donna, nonché dell’obbligatorietà dell’eterosessualità nella pratica sessuale che si legittima solo nel matrimonio ed è aperta alla procreazione. Infatti, il matrimonio canonico è un istituto naturale elevato alla dignità di sacramento (can.1055 CIC). Nella concezione canonistica, la differenza tra uomo e donna esiste e non è annullata, ma non ammette disuguaglianze (come invece lo era per il diritto ebraico, ed oggi ancora per quello islamico). Tra l’altro in una norma di portata generale, quale quella del can. 208 si afferma chiaramente una eguaglianza nella dignità e nell’agire da parte di tutti i fedeli, perché tutti cooperano in base alla condizione ed i compiti propri di ciascuno all’edificazione del Corpo di Cristo. Quindi vi è una chiara eguaglianza tra uomo e donna, sebbene nella loro diversità dei sessi. Possiamo di conseguenza affermare che la diversità sessuale nel matrimonio canonico rappresenta il presupposto, il dato fondamentale perché si possa avere il matrimonio. In mancanza di esso, il matrimonio non avrebbe neppure l’apparenza esteriore da poterlo ritenerlo come tale. Tra l’altro, questa non era una concezione tipicamente ecclesiale, perché anche il diritto romano ammetteva la diversità sessuale per la formazione del matrimonio (coniunctio maris et feminae).  Nel diritto canonico la tutela della donna viene chiaramente espressa come nel caso della sterilità, nella misura in cui il can. 1084 afferma che essa non dirime, né impedisce il matrimonio, come anche nel principio dell’eguale responsabilità dei coniugi. Ed ancora, un eco della necessità del presupposto dell’eterosessualità che, tuttavia, dimostra, al tempo stesso l’adattamento del diritto canonico all’evoluzione dei tempi è data dal can. 1061, laddove il legislatore della Chiesa afferma che il matrimonio è rato e consumato se i coniugi hanno compiuto tra loro in modo umano (humano modo) l’atto coniugale di per sé atto alla generazione della prole, nel senso di un’attività sessuale non meramente meccanica, ma frutto di una scelta di volontà consapevole e condivisa. Ma potremmo dire che il gender ha influenzato il diritto canonico soprattutto in una norma, il can. 1095 al paragrafo 3 dove si afferma che sono incapaci a contrarre matrimonio coloro che per cause di natura psichica non possono assumere gli obblighi essenziali dello stesso. E’ un tipo di incapacità particolare, di tipo psicologico non fisico, individuata soprattutto dalla giurisprudenza rotale a seguito dell’evoluzione medica, che colpisce coloro che non essedo in grado di adempiere gli obblighi del matrimonio, mai potrebbero assumerli con la celebrazione delle nozze. Qui rientra il caso dell’omosessualità; l’omosessuale pur essendo in grado di comprendere i diritti e doveri scaturenti dal matrimonio cristiano, non è in grado di metterli in pratica, soprattutto non può assumersi l’obbligo fondamentale scaturente dal matrimonio, che è quello della costituzione di una comunità di vita coniugale, dove il dialogo sessuale si svolge tra due sposi di sesso diverso. Ma in questa fattispecie rientrano anche tutte quelle situazioni di incapacità dovute all’esistenza di psicopatologie nervose o sessuali che portano il soggetto a non essere in grado di adempiere all’obbligo della fedeltà e dunque all’indissolubilità, all’educazione della prole (transessualismo, travestitismo).

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Che il diritto canonico potrebbe sembrare uno strumento desueto dinanzi a quanto l’evoluzione dei tempi ci sta presentando, non è vero. Dinanzi all’emancipazione dell’uomo che crede che tutto derivi da se stesso distaccandosi dalla natura e dal creato, il diritto canonico ancora è ciò che può salvarlo.

Conclusioni: possiamo affermare in conclusione che la teoria propinata dal pensiero gender, mascherandosi sotto le vesti dell’uguaglianza e della non discriminazione, aggredisce quella che è l’identità naturale dell’uomo e contro questa aggressione alta deve erigersi la bandiera del diritto che, preso atto di ciò che sta accadendo, è chiamato a rivendicare e di conseguenza tutelare la natura oggettiva e reale dell’essere umano che non può essere stravolta. L’uomo e la donna proprio in quanto diversi nella loro sessualità avvertono il bisogno l’uno dell’altro, il bisogno di relazionarsi e di crescere insieme nella loro diversità. La sessualità serve a relazionarsi non a chiudersi in un prodotto omologato. Il rischio è che del matrimonio e della vera famiglia ne resti nella società civile soltanto il nome e non la sostanza, e lo stesso finisca per essere custodito solo dal diritto religioso, in particolare da quello canonico. Un grande filosofo del diritto Norberto Bobbio alle soglie del 2000 cosi ebbe a dire: “lo Stato laico rispetta la distinzione tra diritto e morale, non deve intervenire nella regolazione di una coppia di omosessuali consenzienti. Ma se questi chiedono di adottare un bambino, anche lo Stato di diritto non può non porsi il problema se non derivi un eventuale danno a quel terzo che è il bambino”. Per fortuna oggi il bambino ha ancora la possibilità di pronunciare le prime e più belle parole che l’essere umano impara che sono quelle di papà e mamma, parole che appartengono al linguaggio dell’umanità. Cerchiamo che anche queste non scompaiano.

di Dott Avv.Giuseppe Di Micco

Dottore di ricerca PHD presso Università degli Studi di Milano
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