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Pasqua con la pandemia da ricordare

di LUCIA ANTINUCCI

La Pasqua è la festa della primavera, della rinascita della natura, la festa dei colori, la festa delle tradizioni collegate alla Passione di Cristo. Il clima mite primaverile favorisce le manifestazioni folcloristiche pubbliche, come pure il piacere dei viaggi, anche a scopo culturale, e delle gite per ammirare la bellezza della natura. Tutto ciò, in questa Pasqua 2020, non è possibile! Si aggira per le strade, attraverso i contatti umani,

un mostro invisibile che semina sofferenza e morte. L’isolamento, il distanziamento sociale, è una necessità per la sopravvivenza e quanti non lo vogliono capire hanno la grave responsabilità di aggravare la diffusione del contagio, vanificando i sacrifici di tanti cittadini responsabili. Come è possibile celebrare la Santa Pasqua con la paura e il dolore,

con la mancanza persino dei riti religiosi liturgici; a tutto ciò supplisce, però, il collegamento virtuale, grazie all’inventiva dei parroci e sacerdoti, e delle emittenti televisive. Non siamo, quindi, totalmente a digiuno dei riti liturgici. Con questa Pasqua – termine che deriva dall’ebraico pesach che significa passaggio, dalla schiavitù alla liberazione secondo l’Ebraismo, passaggio dalla morte alla vita per la resurrezione di Cristo secondo il Cristianesimo – abbiamo la possibilità di riscoprire l’autentico valore spirituale di questa festa, che è motivo di fiducia e di speranza. La Santa Pasqua, con il canto dell’allelujah (lodate il Signore) è l’esplosione della gioia dopo aver accompagnato il Cristo fino al Calvario, dopo le tenebre del grande dolore del venerdì santo. Il Maestro galileo ha subito una condanna ingiusta, colpevole solo di aver donato la misericordia di Dio a tutti gli esclusi e gli emarginati, a tutti coloro che soffrono, di aver dimostrato che l’amore è più importante delle leggi e dei riti. Il Nazareno ha rivelato che il Volto di Dio non  è quello di un sovrano indifferente all’umanità oppure insensibile al suo dolore, ma è quello del Padre premuroso e accogliente che si prende cura persino dei ‘gigli dei campi’, che ‘fa spuntare il sole sui buoni e su cattivi’, perché non fa distinzione tra i suoi figli. Il Rabbi, il Maestro della Galilea, aveva suscitato entusiasmo e speranza, ma i detentori del potere temevano che tutto ciò potesse portare ad una rivolta armata contro gli oppressori, i romani. Il Regno di Gesù, però,  non è di questo mondo, come ha detto durante un interrogatorio. I potenti che opprimevano le masse, temevano il suo messaggio di amore e di fraternità universale; per questo lo consideravano pericoloso, sovversivo, nonostante la sua non violenza, il suo amore persino nei confronti degli avversari che gli tendevano insidie. Le loro trame malvagie culminarono con l’arresto di Gesù, per mezzo della debolezza di un suo discepolo che viveva una crisi personale, in quanto il Maestro aveva sconvolto i suoi schemi ideologici. Venne istituito un ‘processo farsa’ nei confronti del Maestro galileo, come affermato anche da studiosi non credenti. Il procuratore romano Ponzio Pilato, noto per la sua crudeltà, con il gesto simbolico del lavarsi le mani, affermò pubblicamente di non avere la responsabilità della morte di Gesù di Nazaret, nonostante lo avesse sottoposto alla terribile flagellazione a cui era difficile sopravvivere. Pilato volle scaricare la responsabilità sul popolo, che venne sobillato da alcuni facinorosi ingaggiati dai Sommi sacerdoti, la massima autorità del sinedrio, il senato ebraico che poteva decretare anche la condanna a morte. La Palestina era occupata dai romani e per convincere il Procuratore romano vennero presentate false accuse contro il Rabbi galileo, accuse di natura politica, che la stesso Ponzio Pilato, però,  si rese conto che erano infondate, per cui la sua responsabilità dell’assassinio di un innocente resta. Sul giusto per eccellenza si è scatenata tutta la forza violenta del male che ha cercato di annientarlo, ma il suo amore misericordioso per l’umanità, persino nei confronti dei suoi crocifissori e la sua sconfinata fiducia nei confronti del Padre celeste, ha determinato la vittoria sull’odio e sulla violenza. L’esultanza di Pasqua è, quindi, preceduta da un grande dolore, da quello del giusto perseguitato, del Figlio di Dio vittima del potere e della malvagità umana. Gesù muore abbandonandosi fiducioso nell’abbraccio del Padre – recita infatti il salmo 22 sulla croce prima di morire – ed abbracciando tutto il dolore dell’umanità. La sofferenza del Cristo è la solidarietà di Dio con la passione del mondo; è questo amore solidale che determina la vittoria della Vita sulla morte. Dopo le tenebre del venerdì santo l’alba di Pasqua manifesta la nascita di una nuova umanità, liberata dalle spirali soffocanti del male, che semina morte e distruzione. Nell’attuale situazione dell’umanità a causa della pandemia, delle tenebre che l’hanno avvolta modificando bruscamente lo stile di vita della società consumistica, della società frettolosa, narcisistica e chiassosa; occorre, invece, doverosamente  ‘restare a casa’ per rispettare la propria salute e quella altrui, aiutando, in questo modo, coloro che si prendono cura degli altri, anche a costo della propria vita. E’ una situazione di grande precarietà che sta facendo crollare anche l’economia, per cui la fascia dei bisognosi si è allargata spaventosamente; attorno a noi ci sono sempre stati i poveri e gli emarginati, ma la nostra vita del benessere ci ha resi indifferenti a tutto ciò. Adesso, invece, ci tocca da vicino e comprendiamo che l’egoismo e l’indifferenza è distruzione; solo la solidarietà e la compassione ci può salvare, perché – come ha detto Papa Francesco – ‘stiamo tutti nella stessa barca in balia del mare in tempesta’. Noi desideriamo giustamente la liberazione da tutto ciò, da tutto questo dolore; non dobbiamo, però, nuovamente  dimenticarci di  tutti coloro che nel mondo soffrono a causa della miseria e delle guerre. Siamo chiamati ad  essere accoglienti – con tutte le doverose misure di sicurezza – nei confronti dei ‘disperati’ che vengono nel nostro paese, nella speranza di avere una vita più umana e dignitosa;  noi, invece, li disprezziamo, sfruttiamo, emarginiamo. Con questa Pasqua veramente deve risorgere una nuova umanità, più solidale, un’umanità che sappia apprezzare le gioie della vita famigliare, della vita semplice, che sappia condividere i doni che ha ricevuto. Veramente questa Pasqua sarà il passaggio dalla morte alla vita, dalle tenebre alla luce, se sapremo essere sinceramente umani, se sapremo dare più importanza agli affetti che al denaro, se sapremo prenderci cura di chi è nel bisogno e nel dolore. Allora, anche noi potremo cantare, nonostante il dolore del presente, l’allelujah pasquale, testimoniando la nostra speranza, “perché Cristo è risorto, è veramente risorto!”.

Lucia Antinucci

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